L’andamento dell’economia nel 2016

Nel 2016 l’economia mondiale ha proseguito lungo un sentiero di moderata espansione. Le quotazioni delle materie prime si sono riprese. L’esito del referendum nel Regno Unito sulla permanenza nell’Unione Europea ha determinato un’ampia svalutazione della sterlina. Negli Stati Uniti, occupazione e redditi hanno continuato a crescere a ritmi sostenuti. A dicembre, la Federal Reserve è tornata ad alzare i tassi ufficiali di 25 punti base. Tra le economie emergenti, l’Asia si è confermata la regione più dinamica anche se il tasso di crescita ha rallentato in India e in Cina, mentre l’America Latina e i Paesi dell’Area CSI hanno riportato ancora una contrazione del PIL. Nell’Eurozona, la variazione annua del PIL è rimasta poco sopra l’1,5%, livello sufficiente a promuovere un progressivo assorbimento del tasso di disoccupazione. L’inflazione è gradualmente risalita fino all’1,1%.

In marzo, la BCE ha ridotto il tasso sui depositi a -0,40%, quello sulle operazioni principali di rifinanziamento è stato tagliato fino a zero, mentre quello sul rifinanziamento marginale è sceso a 0,25%. La BCE ha aumentato la dimensione del programma di acquisto a 80 miliardi mensili e ne ha esteso la durata fino a tutto il 2017. Inoltre, è stato lanciato un nuovo programma di rifinanziamento a lungo termine denominato TLTRO II. Il cambio dell’euro con il dollaro ha mostrato un’ampia oscillazione nel corso del 2016: a una fase di apprezzamento è seguito un graduale indebolimento che lo ha portato a chiudere l’anno a 1,05.

In Italia, la crescita economica si è quasi arrestata nel secondo trimestre, riaccelerando nel resto dell’anno. La variazione annua del PIL è risultata dell’1% per l’intero 2016, su valori corretti per gli effetti di calendario, e di +0,9% su dati grezzi. La produzione industriale ha continuato ad aumentare e l’occupazione è cresciuta per il terzo anno consecutivo, accelerando anzi a +1,3% da +0,8% del 2015. Tuttavia, il tasso di disoccupazione ha visto una diminuzione solo lieve (da 11,9% a 11,7% in media d’anno) per via dell’aumento della partecipazione alle forze di lavoro (il tasso di attività è salito dal 64,1% al 64,9%, raggiungendo un nuovo massimo storico). In misura maggiore è calato il tasso di disoccupazione giovanile, che pure è rimasto su livelli assai elevati (37,8% in media nel 2016 dal 40,4% del 2015). Nel corso dell’anno, tuttavia, è andato scemando l’effetto positivo sull’occupazione permanente del taglio contributivo sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato (ridotto del 40% rispetto all’anno precedente). Sul fronte esterno, l’economia italiana ha mantenuto un ampio avanzo nelle partite correnti della bilancia dei pagamenti.

Circa la politica fiscale, il deficit pubblico in rapporto al PIL è migliorato rispetto al 2015, ma il rapporto debito/PIL è cresciuto marginalmente. I differenziali con i rendimenti del debito tedesco sono saliti, soprattutto per l’incertezza sul referendum del 4 dicembre e le tensioni sul sistema bancario. In seguito, la veloce risoluzione della crisi di governo e l’estensione del programma BCE di acquisti hanno tranquillizzato gli investitori, anche se diverse agenzie di rating hanno rivisto in negativo l’outlook sul debito. Sulla scadenza decennale, il differenziale BTP-Bund ha chiuso l’anno a 162pb, in aumento di 68pb su giugno. I rendimenti del debito pubblico italiano hanno segnato il minimo storico all’1,05% il 14 agosto, chiudendo l’anno a 1,83%.

Il mercato del credito

Il 2016 ha segnato il ritorno alla crescita dei prestiti bancari al settore privato, ad un ritmo modesto che nei mesi autunnali ha raggiunto l’1% circa. La ripresa è stata sostenuta dalla dinamica dei finanziamenti alle famiglie consumatrici, in graduale accelerazione fino al tasso di incremento dell’1,9% a/a segnato a dicembre. Il recupero del credito alle famiglie è stato trainato dalla notevole vivacità delle erogazioni di mutui residenziali, determinata sia da nuove accensioni di mutui, sia da rinegoziazioni di prestiti esistenti. In particolare, è proseguita la crescita delle erogazioni a tasso fisso, giustificata dal livello molto basso dei tassi applicati e da un differenziale ridotto tra tasso fisso e variabile. La crescita delle nuove erogazioni è coerente con la ripresa delle compravendite di immobili residenziali, che hanno mostrato una dinamica a due cifre. In aumento è risultato anche il credito al consumo, trainato dagli acquisti di beni durevoli.

Diversamente, il complesso dei prestiti alle società non-finanziarie è rimasto stagnante. Alla crescita dei finanziamenti a medio termine ha continuato a contrapporsi la dinamica negativa di quelli a breve, in un contesto di liquidità giudicata sufficiente o più che sufficiente da una grande maggioranza di imprese. L’andamento è l’effetto di andamenti differenziati per settore e dimensione d’impresa. In particolare, i prestiti al settore manifatturiero, dopo essere cresciuti nella prima metà dell’anno, risultano successivamente indeboliti, mentre si è accentuata la contrazione dei prestiti alle costruzioni. Al contrario, i finanziamenti al settore dei servizi hanno segnato una ripresa in corso d’anno. Guardando alla dimensione del prenditore, i prestiti alle imprese medio-grandi hanno ristagnato, mentre quelli alle piccole imprese hanno continuato a ridursi. L’andamento dei prestiti alle imprese va visto alla luce di un contesto di domanda e offerta ancora in miglioramento nella prima metà dell’anno e in assestamento nel secondo semestre, trovando spunti selettivi dalla domanda proveniente da alcuni segmenti. Secondo l’Indagine sul credito condotta da Banca d’Italia presso le banche, la domanda da parte delle imprese, dopo un inizio d’anno particolarmente robusto, si è progressivamente indebolita. Diversamente, lungo tutto il 2016 sono rimasti molto positivi i giudizi e le attese sulla domanda di prestiti da parte delle famiglie, indicata in aumento sostenuto. La domanda è rimasta particolarmente vivace per i finanziamenti per l’acquisto di abitazioni e si è rafforzata per il credito al consumo. Anche i giudizi delle imprese hanno confermato condizioni di accesso al credito migliorate.

Gli indici di qualità del credito hanno segnalato un miglioramento. Lo stock di sofferenze lorde, dopo una decelerazione della crescita, nell’ultima parte dell’anno ha iniziato a ridursi, per effetto delle cessioni e cartolarizzazioni. In rapporto al totale dei prestiti, lo stock di sofferenze si è stabilizzato. La formazione di nuovi crediti deteriorati è rallentata visibilmente, tanto che in termini di flusso rapportato ai prestiti in bonis nel terzo trimestre si è toccato il minimo da metà 2008.

Il contesto favorevole del mercato del credito è testimoniato da tassi bancari giunti ai minimi di sempre. Nel corso del 2016, infatti, si è registrata un’ulteriore discesa dei tassi bancari, seguita da una tendenza all’assestamento, soprattutto sul finire dell’anno. Per quanto riguarda i tassi sui nuovi finanziamenti alle società non-finanziarie, il calo è stato evidente soprattutto nei trimestri centrali dell’anno, con una frenata nell’ultima parte. I differenziali con l’area euro si sono annullati per i prestiti di minore entità e sono risultati negativi per quelli sopra 1 milione. Anche i tassi sui nuovi finanziamenti alle famiglie per acquisto di abitazioni hanno raggiunto nuovi minimi storici, per poi assestarsi verso fine anno. In questo contesto, è proseguita la riduzione dei tassi sulle consistenze dei prestiti, con il medio complessivo sceso sotto il 3% da metà anno, su valori mai visti in precedenza.

Il risparmio e la raccolta bancaria

Nel 2016 la crescita del reddito disponibile reale ha sostenuto la propensione al risparmio delle famiglie italiane. Tuttavia, le fasi negative attraversate dai mercati finanziari, caratterizzati da incertezza e forte volatilità, hanno impattato sull’evoluzione delle attività finanziarie delle famiglie, in leggera riduzione anno su anno. In termini di attitudini di investimento, si sono confermati i trend alla base del processo di ricomposizione in atto nei portafogli dei risparmiatori. In un contesto di tassi di interesse molto bassi, gli investimenti delle famiglie si sono indirizzati soprattutto verso gli strumenti del risparmio gestito, seppure meno intensamente che nel 2015, e le giacenze sui conti correnti bancari sono rimaste in forte crescita, per il basso costo opportunità di detenere liquidità. All’opposto, anche a seguito delle minori esigenze di provvista da parte delle banche, è proseguito il crollo delle obbligazioni e i depositi con durata prestabilita si sono confermati in calo. In analogia con i quattro anni precedenti, è proseguito il disinvestimento dai titoli di Stato, penalizzati dai bassi rendimenti. Pertanto, nonostante il contesto di forte incertezza, l’industria del risparmio gestito ha mostrato solidità, con una raccolta positiva e stock in crescita.

La raccolta è risultata abbastanza sostenuta nel primo trimestre, per poi risentire dell’esito del referendum britannico e riprendersi nella seconda metà dell’anno. Quindi, il portafoglio finanziario delle famiglie ha visto un ulteriore aumento dell’incidenza dei fondi comuni e dei prodotti assicurativi e pensionistici.